Perché il trasferimento di prigionieri di guerra ucraini in Ungheria deve destare preoccupazione?

L’8 giugno 2023 è apparsa la notizia, che 11 prigionieri di guerra ucraini di origine transcarpatica sono stati trasferiti in Ungheria con la collaborazione della Chiesa ortodossa russa.
Konstantyn Zadoya15 Agosto 2023UA DE EN ES FR IT RU

In tale contesto i media ungheresi hanno affermato che, da parte ungherese, di tale questione se n’è occupato il vice primo ministro Zsolt Semjén. L’autorità ucraina ha dichiarato immediatamente, che il trasferimento di prigionieri è avvenuto a sua insaputa. Nei giorni successivi, il governo ungherese ha pubblicamente negato il proprio coinvolgimento in questa procedura, dichiarando, che il trasferimento è il risultato di “controversie tra la chiesa e le organizzazioni religiose, in cui lo Stato ungherese non ha preso parte”, e non ha espresso alcun giudizio critico in proposito. Le autorità ucraine sono riuscite a riportare a casa cinque prigionieri ucraini. Sembra, che i restanti continuino a trovarsi in Ungheria.

Dalle dichiarazioni contraddittorie e dalle notizie su questa situazione si delinea un quadro alquanto allarmante:

  1. 11 soldati ucraini sono stati trattenuti dalla Federazione Russa come prigionieri di guerra;
  2. in un determinato momento, queste persone si sono trovate nel territorio dell’Ungheria;
  3. poiché gli ucraini (a) si sono trovati nel territorio dell’Ungheria non singolarmente, ma come gruppo e, (b) evidentemente, non potevano lasciare il territorio russo per qualsiasi altro paese, eccetto l’Ungheria, si ha l’impressione, che siano arrivati in Ungheria non per loro scelta, ma siano stati trasferiti nel territorio di questo stato;
  4. l’Ucraina non ha dato il consenso a questa procedura;
  5. perlomeno alle autorità ungheresi erano note tutte le circostanze sopramenzionate, tuttavia, negano il loro coinvolgimento nella procedura di trasferimento dei prigionieri di guerra ucraini, non conducono alcuna indagine sulle circostanze, in cui è avvenuto il trasferimento e, nel complesso considerano la situazione creatasi come fosse normale.

Tutto questo, nell’insieme, non può non sollevare una domanda: è legittimo il trasferimento di prigionieri di guerra ucraini in Ungheria?

In linea di massima, il diritto umanitario internazionale (DUI) permette ad uno stato, che trattiene prigionieri di guerra, di consegnarli all’autorità di un altro stato, se tale stato risulta essere un alleato nel corrispondente conflitto armato internazionale. Nello specifico, ciò consegue l’articolo 12(2) della Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra del 1949 (CG III). Tuttavia, l’Ungheria non ha mai dichiarato la sua alleanza con la Federazione Russa nella guerra contro l’Ucraina e, come è stato osservato sopra, le autorità ungheresi negano in ogni modo il loro coinvolgimento nella situazione degli 11 prigionieri di guerra ucraini. Quindi, il loro trasferimento in Ungheria non può essere considerato come un trasferimento di prigionieri di guerra permesso dal DUI dall’autorità di uno stato alleato all’altro.

Il DUI ammette anche altri casi, in cui i prigionieri di guerra possono lasciare il territorio dello stato, in cui sono prigionieri, e trovarsi non nel territorio della loro patria, ma nel territorio di un terzo stato. Si tratta dell’ospedalizzazione di prigionieri di guerra malati e feriti in paesi neutrali, e anche dell’internamento in un paese neutrale di prigionieri di guerra sani, che sono prigionieri da molto tempo (articolo 109(2) CG III). Sebbene l’Ungheria abbia ripetutamente dichiarato la propria neutralità nel conflitto armato russo-ucraino, non ci sono comunque motivi per ritenere, che i soldati ucraini si trovino nel suo territorio in base all’articolo 109(2) CG III, poiché le autorità ungheresi negano l’esistenza di qualsiasi accordo con le autorità russe.

Il diritto internazionale, certo, ammette il trasferimento di persone da uno stato all’altro, sia al di fuori del contesto di un conflitto armato, sia oltre gli ambiti del DUI. Tuttavia, l’ambito di tali casi è estremamente limitato e, sostanzialmente si riduce:

  • alla deportazione in relazione alla violazione da parte di una persona della legislazione dello stato, nel cui territorio si trova;
  • all’estradizione (consegna) di una persona a un altro stato, che aspira in seguito ad attuare un perseguimento penale nei confronti della persona o di eseguire la sua condanna precedentemente stabilita;
  • al trasporto di imputati (condannati) attraverso il territorio di un determinato stato ad un altro;
  • al trasferimento di persone, che stanno scontando la pena in uno stato, per scontarla in un altro stato.

Tutti questi casi sottintendono, per definizione, la cooperazione tra stati, nel rispetto delle procedure definite dal diritto internazionale il che, se si crede alle autorità ungheresi, nella circostanza dei prigionieri di guerra ucraini non c’è stato. E poi, come si può capire, in questa situazione non c’era alcun motivo per applicare uno qualsiasi dei quattro meccanismi sopramenzionati.

Quindi, si ha l’impressione che il trasferimento di soldati ucraini dalla Federazione Russa in Ungheria sia avvenuto senza ragioni giuridiche appropriate. Malgrado le autorità ungheresi si dissocino in ogni modo dal proprio coinvolgimento nella procedura di trasferimento, ciò non significa, che l’Ungheria non sia responsabile di violazione del diritto internazionale, che è avvenuta in tale situazione. Secondo il comune diritto internazionale, uno stato risponde non solo della condotta dei suoi organi di autorità, ma anche della condotta di privati, che viene riconosciuta e viene accettata come propria da quello stato (cfr. articolo 11 del Progetto di articoli sulla responsabilità degli stati per atti illeciti a livello internazionale). Quindi, se persino un determinato gruppo di cittadini ungheresi, che agisce in forma privata, sia riuscito effettivamente ad organizzare il trasferimento di prigionieri di guerra ucraini nel territorio ungherese nonostante le norme del diritto internazionale, l’Ungheria è ugualmente responsabile per questa condotta, in quanto:

  • riconosce, che tale condotta ha avuto luogo;
  • non l’ha condannata e non ha indagato e, in generale, la considera un fenomeno normale.

Umanamente, certo, non ci si può non rallegrare sia per i soldati ucraini, che sono riusciti a scappare dalla prigionia russa, che per i loro parenti. Tuttavia, le circostanze, in cui ciò è avvenuto, sono estremamente scandalose e molto allarmanti. Si tratta non solo di violazione del diritto internazionale, ma di un pericoloso precedente di conversione di prigionieri di guerra ucraini in moneta di scambio in contrattazioni politiche e semi-politiche.

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