Da dove deriva la crudeltà dei russi?

Una psicologa che lavora in Ucraina fornisce tre cause per il sadismo sistemico da parte dei soldati russi, e inoltre spiega perché le vittime ucraine spesso non ricevono le terapie di cui necessitano.
Denys Volokha06 Giugno 2023UA DE EN ES FR IT RU

Olena Hrybanova, psicologo-supervisore del Gruppo per la tutela dei diritti umani di Khar’kiv

“Non mi spaventa nessun lavoro, ma ciò in cui mi sono imbattuta nel ruolo di supervisore con i colleghi ucraini, per me, una persona con venti anni di esperienza, a volte è terribile”, — dice la psicologa d’emergenza Olena Hrybanova. Avendo una grande esperienza di lavoro con persone in seguito a situazioni di emergenza, Olena non può parlare tranquillamente di ciò in cui si è imbattuta in Ucraina.

“Qui non vedo semplicemente violenza — vedo, che la violenza è al limite del sadismo. In qualità di psicologa che ha una determinata mentalità analitica, mi interessa molto da dove spuntano questi demoni: da quale inconscio possono spuntare i demoni della violenza, che possono obbligare l’uomo a compiere questo”, — commenta Olena, che ha visto la violenza su vasta scala già durante le proteste nella nativa Bielorussia.

Cosa costringe i soldati russi a compiere azioni così crudeli? Secondo Olena Hrybanova, il sadismo dei russi ha tre cause principali.

  1. Compensazione della propria inferiorità interiore.
  2. Eccessivi poteri autoritari senza limiti definiti.
  3. Effetto della propaganda.

“A dire la verità, nessuno ha cancellato lo sciovinismo russo, — aggiunge Olena. — Come se le persone prima di questo fossero normali, andavano a lavoro, crescevano i figli, viaggiavano in Ucraina, andavano in visita, lì venivano accolti con ospitalità, tutti vivevano normalmente. E all’improvviso sono diventati anormali: vanno in Ucraina ad uccidere cittadini pacifici. Già nel 2019, quando ero a San Pietroburgo, sono arrivata da Piter e ho detto ai miei parenti: ‘Sapete, in Russia c’è odore di guerra’. Nessuno mi ha creduto, tutti pensavano che qualcosa non andava in me, una cosa del genere non era possibile. Allo stesso tempo, si percepiva già da allora. Si percepiva nel fatto che girasse sempre una qualche Volkswagen con la scritta ‘A Berlino’, ‘Lo possiamo ripetere’. Questa propaganda era ovunque. Ovunque queste scritte ‘La Russia è più avanti di tutto il pianeta’, ‘La Russia è un grande stato’. È alimentazione artificiale della pseudo-grandezza, di questo stupido orgoglio nazionale”.

Condividendo le parole di Arthur Schopenhauer “l’orgoglio più scadente è l’orgoglio nazionale”, Olena Hrybanova fornisce un parallelo tra i volti dell’agente di polizia, che picchia i bielorussi che protestano, e il soldato russo arrivato ad uccidere gli ucraini: “È una persona non particolarmente sviluppata intellettualmente. È una persona, di solito, di campagna, che non aveva altre prospettive. Non era bravo a scuola. Non ha fatto l’università, il domicilio a Minsk o in altre grandi città. E qui gli hanno dato un manganello e gli hanno detto: ‘Vai, picchia i criminali, perché sovvertono tutto, e sarai felice’. In Ucraina, quando ho studiato e analizzato tutti questi momenti di sadismo nei confronti di persone innocenti, anche io ho visto queste tendenze”.

Lavorando al servizio bielorusso per le situazioni di crisi, finchè non l’hanno licenziata per dissenso con il governo, la psicologa studiava i problemi della folla e la sua influenza sulla coscienza. È convinta che, come in Unione Sovietica, l’”istinto gregario” è proprio anche della società russa contemporanea, obbligando i russi a chiudere gli occhi davanti ai crimini di massa che il loro esercito commette in Ucraina e in altri paesi.

“Gli psicologi hanno questo modo di dire: ‘Non intrufolarti nella folla, se per questo non ti pagano’. perché meglio che non c’entri, se non vuoi perdere la tua individualità”.

“Una persona, alla quale vengono dati poteri autoritari, che non definisce per sé i limiti di questi poteri e non si assume responsabilità, può trasformarsi in uno stupratore, può trasformarsi in animale, che non ha sovrastrutture morali definite. Che non distinge il bene dal male. Penso che sia una questione profonda, sulla quale ancora si scervellano molti studiosi e filosofi. Filosofi, psicologi, psichiatri e così via”, — riassume Olena Hrybanova.

Tuttavia, secondo la psicologa, è necessario prestare attenzione anche al modo, in cui si arriva alla cura dei traumi delle vittime dei crimini dell’esercito russo. La stessa parola “vittima”, usata ovunque nello spazio post-sovietico, non piace ad Olena: al suo posto consiglia di usare l’espressione “persone, che hanno superato” le conseguenze traumatiche di un determinato evento. “La vittima pensa sempre, che da lei non dipende nulla. Chi è riuscito a superare, sa sempre, che può fare almeno qualcosa”.

Illustrazione: Maryya Krykunenko / Gruppo per la tutela dei diritti umani di Khar’kiv

Olena Hrybanova individua due cause principali, che non permettono agli ucraini di affrontare il trauma con successo:

  1. Il vasto numero di traumatizzati. La guerra ha toccato un numero così considerevole di persone, che semplicemente non bastano per tutti gli psicologi d’emergenza qualificati, che potrebbero aiutarli in un linguaggio comprensibile. Si può perfino parlare del concetto di “trauma collettivo”.
  2. La mancanza di una rete di assistenza. Gli ucraini possono ottenere la consultazione una volta sola, tuttavia ci sono pochi posti, dove li aiutano a risolvere esaurientemente il loro problema. Fondamentalmente, ad una persona serve un minimo di sessioni con uno specialista, per profilare almeno le origini dei problemi.

“È un pesce, non una canna, — dice Olena. — Quanti ucraini sono partiti per la Polonia e quanti sono tornati? Perfino nei punti caldi. Perché? Perché sono arrivati, sono rimasti un anno: problemi con l’assunzione, problemi con il lavoro, il lavoro non c’è. L’assistenza sociale è terminata. E poi come si fa a vivere? A mio avviso, questo spaventa le persone”.

In Ucraina, le vittime di crimini di guerra possono ottenere assistenza completa negli uffici del Gruppo per la tutela dei diritti umani di Khar’kiv. Se voi o i vostri conoscenti hanno bisogno di assistenza umanitaria, psicologica o giuridica, potete rivolgervi al GPDU tramite i contatti indicati sul sito.

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