Testimonianza sulle torture in prigione

Durante la detenzione illegale, hanno duramente picchiato e torturato Anatolyj Tutov con la corrente elettrica, lo hanno minacciato di morte, di mutilazione e gli hanno anche chiesto dei soldi.
Maryna Harieieva16 Aprile 2023UA DE EN ES FR IT RU

Анатолій Тутов. Фото: “Дані-Інфо” Anatolij Tutov. Foto: „Dani-Info“ Anatoli Toutov. Photo : « Dani-Info » Anatolyj Tutov. Foto: “Dani-Info” Анатолий Тутов. Фото: “Дані-Інфо”

Anatolyj Tutov. Foto: “Dani-Info”

Il residente locale Anatolyj Tutov, detenuto illegalmente durante l’occupazione, ha raccontato ai giornalisti della rivista di Balakliya “Dani-Info” della prigionia.

Anatolyj è un imprenditore autonomo, tempo fa è stato deputato del consiglio distrettuale del partito “Unione Ucraina di Patrioti” (UUP) di Balakliya, prima era nel partito “Libertà”.

Anatolyj e la moglie non potevano lasciare i parenti, bisognosi di cure mediche, per questo sono rimasti a Balakliya. Nei primi mesi, gli invasori non hanno toccato Anatolyj e la sua famiglia. Ma già ad agosto sono venuti per lui. Secondo le parole di Anatolyj, erano i cosiddetti militari delle semi-repubbliche popolari di Luhansk e Doneck (“RPL” e “RPD”). Hanno perquisito l’appartamento dell’imprenditore, hanno portato via i risparmi trovati e gli hanno chiesto, di indovinare perché veniva arrestato. “Evidentemente, perché sono stato un deputato del partito UUP”, ha risposto Anatolyj.

Egli ha raccontato, che dopo la detenzione illegale lo hanno picchiato duramente. Il primo giorno con tutto: piedi, mani, bastoni. Quando lo hanno portato sfigurato in cella, gli altri detenuti hanno cercato di rincuorare Anatolyj e gli hanno detto, che probabilmente, il giorno seguente non lo avrebbero toccato: non lo avrebbero interrogato e picchiato. Invece Anatolyj lo hanno picchiato anche il secondo giorno. Egli ricorda, che il corpo era tutto un livido. Anatolyj suppone, che i cosiddetti interrogatori fossero condotti da originari dell’Inguscezia: gli uomini avevano tratti del viso caucasici e un accento corrispondente.

Durante i primi due interrogatori, ad Anatolyj non hanno chiesto nulla, lo hanno semplicemente picchiato e minacciato. Al terzo interrogatorio si è presentato un soldato. Anche lui sembrava un caucasico, ma parlava in un russo senza inflessioni. Il soldato ha chiesto ad Anatolyj dei “nazisti”, lo ha interrogato sugli ex compagni di partito, sulla sua vita. Quindi il soldato ha mostrato ad Anatolyj una fotografia, nella quale egli partecipava alla messa funebre per i caduti durante la Rivoluzione Ucraina del 2014, e ha accusato Anatolyj di essere uno degli organizzatori di Maidan. Secondo le parole di Anatolyj, questa fotografia era stata scattata dall’ex poliziotto Oleh Kalajda, successivamente passato dalla parte del nemico.

Se Anatolyj taceva o non rispondeva alle domande poste, lo picchiavano e minacciavano: sparavano con un fucile da caccia, gli puntavano un coltello alla gola, minacciavano di spellarlo vivo.

Le persone detenute illegalmente venivano picchiate anche in cella. Anatolyj ha raccontato, che spesso andava da lui in cella un soldato, che picchiava tutti con i piedi, mentre diceva che era la sua “cella preferita”. A causa delle percosse, Anatolyj ha subito una frattura alle costole e molteplici contusioni agli organi interni.

In un altro interrogatorio, uno dei soldati ha visto al collo dell’uomo la croce e gli ha chiesto: “Che sei, un credente?”. Anatolyj ha risposto di sì, e ha detto che porta la croce da quando è nato. Allora il soldato ha iniziato a deriderlo, e ha detto, che avrebbero convertito Anatolyj all’islam. Quando lui ha rifiutato di cambiare religione, lo hanno picchiato. Anatolyj ha perso conoscenza ed è ritornato in sé, solo quando gli aguzzini gli hanno versato addosso un secchio d’acqua.

Gli abusi morali e fisici sono stati di diverso tipo. Hanno obbligato Anatolyj a saltare e urlare “Chi non salta è un moskal”, a cantare ad alta voce l’inno dell’Ucraina, a gridare vari slogan patriottici. Se lui cadeva, lo collegavano alla corrente elettrica con due cavi e minacciavano: “Lascia andare il filo e sei finito”. In questo modo lo torturavano per un’ora e mezza.

Poi gli invasori hanno richiesto del denaro, dicevano, “bisogna dividere con le brave persone”, e lo hanno minacciato di tagliargli una parte del corpo, avvicinando ad essa il coltello.

Anatolyj dice che c’è stato un momento, in cui ha chiesto agli aguzzini di fermare la violenza e di ucciderlo e basta. Poiché il corpo era tutta una ferita, il minimo tocco causava un dolore insopportabile.

Inoltre, nelle celle in cui detenevano illegalmente le persone, portavano le cosiddette “spie”, che cercano di strappare informazioni dai detenuti.

Secondo le parole di Anatolyj, il flusso di persone illegalmente detenute era molto grande, portavano persone non solo da Balakliya, ma anche dai villaggi circostanti. I detenuti si sostenevano l’un l’altro, per alleggerire almeno un po' le sofferenze quotidiane.

Precedentemente, abbiamo scritto, che i soldati russi e i rappresentanti dell’esercito russo spesso ricorrono a metodi analoghi per condurre gli interrogatori e le torture in vari territori temporaneamente occupati, il che testimonia un sistema determinato. Gli ex-detenuti spesso ricordano la tortura con la corrente elettrica, la violenza fisica e psicologica, le esecuzioni fittizie.

Al 10 aprile, il Gruppo per la tutela dei diritti umani di Khar’kiv fornisce assistenza legale alle vittime dei crimini, compiuti dai russi, su 600 casi. 58 di questi sono casi sulle torture sotto arresto, 130 riguardano la ricerca dei prigionieri, 185 sono di omicidi di civili e 227 sono di ferimenti di civili. Ad alcune vittime è stata fornita assistenza psicologica e di beneficenza. Sono state presentate anche 34 richieste agli organi dell’ONU per i diritti dell’uomo.

Contatti telefonici a Khar’kiv — +380 50 505 1415, +380 50 405 3015, a Kyïv — +380 50 555 27 95.

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