‘Ho paura di essere rapita e portata in quella maledetta Russia’

Non è facile ottenere asilo politico in Ucraina se sei cittadina russa. Anche se si difendi gli interessi ucraini e in Russia rischi il carcere per accusa di terrorismo.
Yryna Skachko03 Novembre 2025UA DE EN IT RU

“Sono di etnia ucraina, della Slobodskaja Ukraina orientale, così si presenta Nina quando ci conosciamo. Non dice “sono russa”, anche se ha la cittadinanza russa. Almeno per ora. Nina è una richiedente asilo politico in Ucraina.

Nina Beliaeva parla e scrive in ucraino. In passato si era interessata all’ideologia di sinistra, ma la guerra e lo studio della storia hanno ribaltato la sua visione del mondo.
Oggi è cofondatrice dei movimenti “Slobozhanshchyna Orientale” e “Unione degli Ucraini delle Terre Storiche”, ed è fra le autrici di “Un’annessione forzata: storia della lotta di liberazione dei popoli soggiogati dalla Russia”. Per il sito del notiziario Anti-imperial Block of Nations cura la sezione dedicata agli ucraini che vivono nella Federazione Russa. Analizza inoltre i casi di persecuzione giudiziaria contro gli ucraini etnici sul territorio della Federazione Russa.

Potrebbe parlare per ore dell’identità ucraina nella regione nativa di Voronezh ai tempi della Repubblica Popolare Ucraina (UNR). E invece deve raccontarci delle sue tribolazioni con i servizi per l’immigrazione ucraini. Arrivata in Ucraina e superati i minuziosi controlli del Servizio di Sicurezza (SBU), sta cercando di dimostrare per via legale al Servizio Migrazione che non rappresenta alcuna minaccia per il nostro Stato.

Di recente, un funzionario del Servizio Statale di Migrazione (GMS) ha provato a convocarla a un incontro sospetto in città. “Ho motivo di credere che lo scopo dell’incontro fosse il mio rapimento e il trasferimento in Russia attraverso la Bielorussia. Probabilmente collegato a uno scambio sotto falso nome”, racconta Nina.

Ніна Бєляєва, фото з соцмереж Нина Беляева, фото из соцсетей

Nina Beliaeva

LA FUGA

“Quando è iniziata l’invasione su vasta scala, io ero un deputato locale della regione di Voronezh. Ho ascoltato l’appello del Presidente ucraino ai cittadini della Federazione Russa. I comuni cittadini ucraini invitavano i russi a schierarsi pubblicamente. Ho sentito che non potevo restare in silenzio e così ho iniziato a scrivere sui social. Quando nella nostra chat dei deputati si è iniziato a discuterne, attraverso alcune domande ho richiamato l’attenzione dei miei colleghi sulla falsità della propaganda russa e sulle contraddizioni delle loro dichiarazioni. A un certo punto sono passata a scrivere in ucraino — una sola frase — e questo ha suscitato una reazione ancora peggiore. Hanno subito risposto: “Ecco che si è messa a parlare nella sua lingua!”. Quattro giorni dopo, durante una seduta, il mio comportamento era fra i temi dell’ordine del giorno. Non ho rinnegato la mia posizione e ho espresso apertamente le mie idee, definendo crimini di guerra le azioni dell’esercito russo in Ucraina. In quella stessa seduta, i deputati hanno votato per inviare alla procura un fascicolo a mio carico”.

In un primo momento, Nina pensava che il tutto si sarebbe risolto con una semplice pratica amministrativa, ma il suo avvocato l’aveva avvertita: rischiava un reato penale.
A quel punto si è organizzata e ha lasciato velocemente la Russia. Tuttavia, ottenere asilo in Unione Europea si è rivelato quasi impossibile.

“Il governo russo ha avviato contro di me prima un procedimento per fake news e poi due procedimenti con accusa di terrorismo.” In quanto avvocato, ho studiato questa casistica. Oggi chiunque può vedersi negare l’asilo politico nei paesi dell’Unione Europea se in Russia c’è un’accusa di terrorismo pendente. Chi esamina la pratica può analizzare superficialmente le circostanze che hanno portato all’inserimento nella lista dei terroristi e dunque negare l’asilo. In pratica devo in qualche modo dimostrare che non sono una terrorista. Ma a chi? Tu interagisci con gli Uffici per l’immigrazione, ma la decisione su chi sia o meno considerato terrorista viene presa dai servizi segreti. E possono prendere la decisione finale senza nemmeno contattarti. Nell’Unione Europea l’accusa di terrorismo è persino più grave di quella per pedofilia.”

Per dimostrare di non costituire una minaccia per l’Unione Europea, Nina è stata costretta a rivolgersi a un tribunale lettone. La pratica per l’ottenimento dell’asilo politico si è protratta a lungo e questa incertezza le è pesata molto dal punto di vista psicologico. È stato poi un conoscente a suggerirle la possibilità di trasferirsi in Ucraina.

“Mi hanno detto che potevo essere utile all’Ucraina e mi hanno promesso supporto per il visto. Allora ho deciso di ritirare la richiesta di asilo in UE, perché vedevo il mio futuro nel paese dove avevo origine etnica e non volevo perdere tempo nell’iter burocratico di un paese dove non intendevo vivere.”

Nina prende un volo dalla Romania alla Moldavia da dove intende proseguire per l’Ucraina, ma non riesce a entrare in Moldavia. Ancora una volta, a causa dell’accusa di terrorismo da parte del governo russo.

“Penso abbiano visto che ero ricercata. Senza alcuna spiegazione, non mi hanno lasciata entrare e mi hanno rimandata indietro in Unione Europea, in Romania. Ma poiché avevo già ritirato la mia richiesta di asilo, non potevo più restare nemmeno in Romania. Mi sono ritrovata in aeroporto senza visto né documenti, ricercata a livello internazionale per accusa di terrorismo. La Romania voleva rimandarmi in Lettonia, mentre la Lettonia, considerando che avevo già ritirato la procedura d’asilo, mi avrebbe rispedito in Turchia, da dove ero entrata in Unione Europea nel 2022.” Tutti sappiamo cosa fa la Turchia a chi è nella mia situazione: carica le persone su un aereo e le rimanda in Russia. Per questo ho deciso di fuggire dalla Romania e di andare in Ucraina.”

IN UCRAINA

Nina si è rivolta subito alle autorità di frontiera ucraine per chiedere asilo politico.

“Non hanno potuto registrare la mia richiesta, perché hanno il divieto di farlo, ma hanno cercato in rete informazioni sul mio conto e hanno capito che non potevano tirarsi indietro: sono ucraina per etnìa e sono perseguitata a causa della mia posizione sull’Ucraina. Abbiamo parlato della Repubblica Popolare Ucraina (UNR) e di come la regione di Voronezh e quella di Kursk un tempo ne facevano parte. Poi mi hanno consegnata ai funzionari del Servizio di Sicurezza (SBU) che, dopo alcuni controlli, mi hanno lasciata libera, consigliandomi di presentare la domanda di asilo tramite il Servizio Migrazione. Nessuno mi ha trattenuta. Se avessi rappresentato una qualche minaccia, il Servizio di Sicurezza di sicuro non mi avrebbe lasciata andare!»

Questo succedeva a maggio 2014. Da allora, Nina sta ancora cercando di ottenere l’asilo politico. Decide di rivolgersi all’Ufficio Migrazione con il sostegno dell’ONU.

“Mi sono rivolta all’organizzazione non governativa 10 Aprile, partner dell’UNHCR [Alto Commissiariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati]. Dopo aver esaminato il mio caso, hanno dato la disponibilità ad aiutarmi. Il 12 agosto 2024 ho presentato la mia domanda all’Ufficio del Servizio Statale di Migrazione (GMS) della regione di Odessa. La mia richiesta è stata registrata negli uffici di cancelleria ma, per qualche motivo, non presso la Commissione per il riconoscimento di protezione. In un primo momento mi hanno riferito che i miei documenti erano stati inviati a Kiev, anche se, per legge, non possono farlo perché non è di competenza dell’amministrazione centrale del Servizio di Migrazione. È una cosa che spetta invece agli uffici regionali. Da Kiev poi è arrivata una risposta in cui si diceva che avrei potuto rappresentare una minaccia per la sicurezza dell’Ucraina. Ma se il Servizio di Sicurezza (SBU) mi aveva già controllata e aveva stabilito che non rappresentavo alcuna minaccia come era possibile che i funzionari del Servizio Migrazione avessero autorità maggiore in materia? Il punto è che avevo fornito loro tutti i documenti in mio possesso. E avevano visto la decisione dei funzionari del Servizio di Migrazione lettone secondo cui ero un pericolo. Senza considerare che il tribunale lettone aveva già da tempo dichiarato illegittima questa decisione!»

Nina è stata costretta a ricorrere di nuovo al tribunale, questa volta presentando un ricorso contro le autorità migratorie ucraine. Sono stati convocati in aula i rappresentanti del Servizio di Sicurezza dell’Ucraina (SBU), che hanno confermato di non avere alcun elemento di contestazione nei confronti di Nina. Il Tribunale amministrativo distrettuale di Odessa ha accolto le sue richieste. Tuttavia, i funzionari del Servizio Migrazione hanno presentato appello.

“LA ACCOMPAGNERÀ LA MILIZIA”!

La data d’appello non è ancora stata fissata. In attesa del processo, Nina ha ricevuto una strana telefonata. Un uomo, parlandole in russo, si è presentato come Evgenij, funzionario dell’Ufficio del Servizio Migrazione, e le ha proposto un incontro in un punto qualsiasi di Odessa. Nina ha chiesto all’uomo di parlare in ucraino e lui è passato per un po’ alla lingua nazionale. Ma subito dopo, quando Nina meravigliata gli ha chiesto il motivo e lo scopo dell’incontro, Evgenij ha ripreso a parlare in russo e ha cominciato a minacciarla implicando un intervento delle forze dell’ordine. Per qualche ragione ha chiamato la Polizia di Stato ucraina “milizia”: «Devo farla accompagnare presso i nostri uffici dalla milizia? Posso provvedere io stesso. In tal caso il trattamento sarà diverso!»

Questa strana conversazione è avvenuta il 31 luglio. Evgenij (che si è rivelato essere un dipendente del Servizio Statale di Migrazione) ha contattato anche l’organizzazione 10 Aprile, ma non ha mai chiarito nemmeno a loro lo scopo dell’incontro, né perché volesse vedere Nina al di fuori della sede ufficiale.

Da allora Nina ha deciso di attendere il processo in un luogo più sicuro e, per precauzione, ha lasciato Odessa.

“Credo volessero semplicemente rapirmi e magari sotto falso nome mettermi su un autobus per uno scambio. Pensiamo alle attività a cui mi dedico, estremamente sgradite alla Russia… Cerco di divulgare la verità storica, sono una delle fondatrici dell’organizzazione “Unità degli Ucraini delle Terre Storiche”, organizzazione che non solo difende gli ucraini etnici con cittadinanza russa, ma aiuta a identificare il luogo in cui si trovano i bambini ucraini sequestrati, i prigionieri di guerra ucraini, e raccoglie informazioni sui crimini di guerra.»

Nina, insieme ad altri membri dell’organizzazione, documenta le persecuzioni su base etnica che la Russia mette in atto contro i propri cittadini di origine ucraina. Studia il processo di russificazione forzata della Slobozhanshchyna orientale, una regione che in epoca sovietica fu inglobata nella RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa).

«Nella regione di Voronezh, negli anni ’90 e 2000, in alcune scuole c’erano classi di lingua ucraina, anche se solo grazie all’impegno dei volontari. Nella città di Rossosh, fino al 2011, si teneva un festival di cultura ucraina. Tutti questi movimenti la Russia li ha smantellati già prima del 2014. E quando queste istituzioni erano già scomparse, è iniziata l’invasione dell’Ucraina.»

La vicenda con il Servizio di Migrazione è stata per Nina estremamente stressante e ha avuto gravi ripercussioni sulla sua salute.

«Quando ho saputo che anche altri venivano arrestati, ho capito che poteva esserci un ordine di arresto nei miei confronti da parte della Russia. Ora soffro di attacchi di panico, di insonnia… Ho la sensazione che potrebbero arrestarmi senza alcun motivo se mi presentassi al Servizio migratorio. È una situazione moralmente molto pesante. Pensi di trovarti nel Paese a cui appartieni per etnia, in uno Stato democratico, e all’improvviso ti chiama qualcuno che nemmeno parla ucraino… Io sono ucraina. Voglio vivere in Ucraina.»

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