Ha detto addio alla vita mentre intorno le case crollavano sotto i bombardamenti come fossero castelli di carta
Com’è stato per lei il primo giorno di guerra?
Stranamente, non avevo paura. Dentro di me credevo che saremmo sopravvissuti a tutto, anzi: ne ero certa.
Che cos’è successo a Borodjanka nei primi giorni?
Probabilmente anche gli altri credevano, come me, che sarebbe andato tutto bene, quindi non volevano lasciare le proprie case.
Quando sono arrivati i russi a Borodjanka?
Il primo marzo, ma erano “di passaggio”. Noi abitiamo in via Central’na, e i blindati russi ci sono sfilati davanti. Per due giorni non abbiamo dormito in casa. Il 2 marzo, quando siamo tornati nella nostra via, abbiamo visto cose tremende.
Non auguro a nessuno di trovarsi davanti a cose del genere: spaventoso. Finestre rotte, porte divelte, tutto spaccato, tutto a pezzi, come a pezzi era il nostro cuore. Uno spettacolo tremendo.
C’erano cadaveri ovunque, non sapevamo dove mettere i piedi... Abbiamo recuperato tutto il possibile, da casa nostra.
Che danni ha subìto la sua palazzina? Ci sono state vittime fra gli abitanti?
Non è morto nessuno da noi, no. C’è stata una vittima in quella accanto, che è stata centrata. Si noti che i russi hanno bombardato Borodjanka con una precisione tale che non ci sono crateri vicino alle case: le hanno centrate tutte in pieno.
La palazzina accanto a noi ha avuto molti danni e ci sono state parecchie vittime. I cadaveri erano per strada, c’erano braccia, gambe, teste tutto intorno. Dopodiché i cani hanno trascinato i resti nel cortile fra i palazzi. Erano parecchi.
Ci sono stati crimini contro i civili da parte dei militari russi, durante l’occupazione di Borodjanka?
Molti hanno detto che i primi giorni i russi sparavano alla gente a caso. Ho sentito anche che si sono presentati a casa di una famiglia.
Hanno detto al marito che volevano la moglie, che se la portavano via. Lui ha provato a ribellarsi, e gli hanno sparato davanti a tutti gli altri. Dopodiché hanno anche sparato a due dei loro soldati perché non andassero a raccontarlo in giro.
Un’altra cosa che mi viene in mente: appena fuori Borodjanka c’è un passaggio a livello. Nella casa vicino viveva una coppia con i figli. Per poter controllare il passaggio a livello, quelle bestie dei russi gli sono entrati in casa, hanno ammazzato tutti, hanno piazzato un carro armato in cortile e hanno annunciato che ci avrebbero abitato loro, lì dentro. Cercavano i nazisti, correvano ovunque. Ma non ne hanno trovato neanche mezzo. Ammazzavano la gente normale...
Secondo lei i russi l’hanno fatto apposta a bombardare le abitazioni?
Penso proprio di sì: avevano molta paura che dalle case gli lanciassero le molotov. I primi giorni ho visto una colonna di loro mezzi che passava tra le case della via Central’na. Il cannone del primo carro armato puntava a sinistra; quello dopo, a destra. Dai blindati, invece, sparavano sulle case con i mitra pesanti.
Poi è arrivato un aereo. Volava bassissimo, faceva un rumore tremendo. E abbiamo detto addio alla vita. È in quei momenti che lo capisci: dieci passi da una parte o dall’altra, e ci resti secco. Potevamo solo sperare in Dio.
Dalla finestra abbiamo visto le bombe che centravano la casa accanto. Si è accartocciata sotto i nostri occhi: tre secondi e non c’era più. È una cosa tanto spaventosa che neanche riesco a descriverla.
Poi l’aereo è tornato, ma nella direzione opposta. E di nuovo eravamo tra la paura di morire e la casa che tremava... Quella volta hanno centrato la palazzina al n. 371. L’hanno fatto apposta, non è stato un caso! Tutte e otto le palazzine sono state colpite allo stesso modo.
Che cosa è successo alle sue proprietà?
Il mio appartamento è stato distrutto, quello di mia figlia è ridotto in cenere, la macchina è a pezzi, il garage pure... Tutto distrutto. Ci siamo ritrovati per strada; l’unica consolazione è che siamo vivi. Siamo felici di essere sopravvissuti: ce lo facciamo bastare.
Nella sua palazzina, i russi hanno saccheggiato gli appartamenti? Li hanno occupati?
Quando sono tornata a casa, ho visto — mi scusi — il water sporco. Si sono presi la mia biancheria e hanno lasciato la loro, sporca. Dalle misure si capiva che non erano molto alti, forse erano burjati. Lo sciacallaggio dilagava, sì. Nella casa accanto sono andati a stare i loro ufficiali; di fronte, in una villetta, i soldati. Chiaramente con le porte aperte, andavano e venivano, facevano i loro comodi.
Lo stato vi aiuta?
Al ritorno dallo sfollamento ci hanno dichiarati “profughi temporanei” perché abbiamo perso la casa. Abbiamo fatto domanda e adesso riceviamo 2000 grivne al mese [circa un decimo del salario mediano]. Ma hanno detto che è solo finché non ci trovano un appartamento.
Che cosa ha provato, quando è tornata dopo lo sfollamento?
I primi quattro mesi ho pianto e basta. Io e mio marito siamo arrivati e abbiamo visto che a casa nostra avremmo potuto anche starci, ma purtroppo il soffitto era crollato e i muri quasi. Un’altra cosa volevo dire: quelle bestie dei russi non lo sanno quanto lavorano duro gli ucraini.
Ricostruiremo tutto, andrà tutto bene. E i nostri soldati sconfiggeranno i nemici. Tutti quanti.
Ho sempre saputo che la vittoria sarà nostra, e anche la Crimea; tutto sarà nostro. Solo, non immaginavo a che prezzo.
È cambiato il suo atteggiamento verso i russi?
Non so come la terra non gli si spalanchi sotto i piedi e li inghiotta. Ma c’è un Dio, e gli presenterà il conto. Non si possono maltrattare così i civili. Non si devono violentare i bambini. Secondo me, in primavera avremo ormai vinto. E festeggeremo e ricostruiremo tutto quanto. Andrà tutto bene. Se Dio vorrà!